Scopriamo la storia dietro la codina, il purillo del basco di lana, Mimi Condal

Perché il basco ha la “codina”?

Storia del cappello basco e della sua codina

Introduzione

Le origini del cappello basco risalgono ai Pirenei, al territorio dei Paesi Baschi, come indumento legato all’ambiente rurale: un accessorio utilizzato dai lavoratori del campo o dai pastori per proteggere la testa dal freddo e dal sole.

É il simbolo più puro dell’identità culturale di questa terra, da cui è partita l’usanza d’indossarlo che poi si è estesa in tutta Spagna ed in altri continenti.

Durante la Rivoluzione Francese, il basco era presente nella presa della Bastiglia, all’epoca della guerra civile spagnola, fu il simbolo dei miliziani volontari della guerra carlista, delle fazioni repubblicane e franchiste.

Nel corso della Prima guerra mondiale, iniziò a far parte di varie uniformi militari; dopo la Seconda guerra mondiale, il basco fu un importante accessorio per diversi Movimenti Rivoluzionari e di Liberazione Nazionale in America Latina, come per Ernesto “El Che” Guevara de la Sarna.

Nel secolo XX, il basco si trasformò in un simbolo urbano per intellettuali e artisti bohémien.

Codina, purillo, rabito

Dopo questo brevissimo riassunto storico sulla popolarità del basco, concentriamoci su cosa lo contraddistingue dagli altri cappelli, ossia quella sorta di picciolo situato al centro della sommità del copricapo: la codina.

Il termine proprio in italiano è purillo, in inglese si chiama tail, in Spagna, invece, utilizzano molte espressioni per descriverlo, come, per esempio, rabito, pirulo, pedúncolo, pitorrito.

In euskera (lingua basca) il termine ufficiale è txertena, ma colloquialmente lo chiamano in innumerevoli modi, dipendendo dalla città e dalla provincia.

Personalmente, preferisco il termine rabito, “codina” in italiano, perché esprime perfettamente la divertente peculiarità di questo copricapo.

Ipotesi origine codina

Ma perché il basco ha la codina?

L’origine é stata ampiamente discussa.

Non ho avuto l’opportunità di visitare personalmente una fabbrica di baschi, ma confrontando le nozioni dai corsi di modisteria che ho frequentato, con le informazioni raccolte investigando sull’argomento, ho scoperto che non esiste una spiegazione unica o universale per la sua presenza e che la sua origine può essere interpretata in diversi modi.

Opzione 1: Una delle spiegazioni comuni è che il purillo sulla cima del basco potrebbe avere una ragione pratica, come rendere il cappello più visibile o riconoscibile.

Opzione 2: Potrebbe essere utilizzato come elemento decorativo per differenziare i cappelli baschi da altri tipi di copricapi.

Opzione 3: La codina sulla sommità del basco potrebbe essere utilizzata per coprire o dissimulare la chiusura della maglia di lana, lasciando una finitura più estetica al vertice del cappello.

In pratica, il processo con cui viene elaborato un basco determina la formazione della codina.

Come si produce il basco in panno

Soffermandoci sull’ultimo punto, vediamo insieme come si produce un basco in panno perché ci aiuta a capire come, partendo da una maglia di lana, si arriva al prodotto finito.

PREPARAZIONE DEI FILATI (confezione dei pezzi)

Il processo tradizionale iniziava tessendo una maglia di lana su una semplice macchina per maglieria rettilinea.

Poiché la figura del basco è circolare, questa maglia tessuta doveva avere una configurazione tale da avere l’area corrispondente al centro del berretto più piccola rispetto ai lati.

Tale forma si otteneva da una successione di tessuti a maglia di lana a forma di triangoli isosceli uniti tra loro.

RIMAGLIATURA E CHIUSURA MANUALE

La maglia uscita dal telaio passava alla macchina rimagliatrice, la quale chiudeva il basco unendo i due lati, tagliava la striscia di tessuto in eccesso e lasciava al centro un foro chiamato corona (“coronita”). Questo foro serviva come punto di partenza per formare la codina.

Con un apposito ago, l’artigiano/a chiudeva il foro e intrecciava a mano una catenella di lana che trasformava nella codina del berretto.

Quest’ultima era necessaria per nascondere il punto centrale dell’unione delle cuciture.

RIMAGLIATURA E CHIUSURA AUTOMATICA

Oggigiorno, la produzione industriale è molto simile alla tradizionale.

Dai telai escono grandi maglie in forma circolare aperta che vengono successivamente cucite con una rimagliatrice, con la differenza che la fase di chiusura della parte superiore del cappello è automatizzata ed eseguita a seconda della complessità del disegno del cappello, delle tecniche e degli strumenti utilizzati dal produttore.

La rimagliatura è cruciale per creare una chiusura pulita e robusta nella parte superiore del cappello. L’illustrazione sottostante può aiutare a comprendere come si presenta la maglia tessuta prima di questo passaggio: A è il centro/la sommità del berretto, B sono i lati da unire, C è la circonferenza del berretto dove si introduce la testa.

Dalla rimagliatura escono dei pezzi di maglia che hanno la forma di baschi giganti: per ottenere le caratteristiche del prodotto finale, devono essere sottoposti a varie lavorazioni.

FOLLATURA

Il primo passaggio è la follatura, processo di infeltrimento che permette di chiudere i punti del tessuto e dargli la consistenza del panno.

Questa operazione può avvenire tramite impianti moderni (simili a delle lavatrici) o macchinari antichi: le gualchiere.

La gualchiera è una macchina composta da un grande cassetto e due enormi martelli di legno arrotondati, i magli.  

Al suo interno vengono introdotti i baschi, acqua tiepida e sostanze chimiche; mediante movimenti meccanici e rotatori, i magli colpiscono alternativamente i cappelli. Il calore, l’umidità e la pressione dei colpi compattano le fibre del tessuto, restringendolo fino a ottenere la trama del feltro.

Mediante la follatura, il basco inizia ad avere le dimensioni “normali” che conosciamo!

TINTURA

Poi si passa al processo di tintura. Nella lavorazione tradizionale, la tintura veniva effettuata in una macchina chiamata barca aperta (“barca abierta”), in cui venivano disciolti il colorante e l’acido acetico. Con un lento aumento della temperatura, il colore si diffondeva uniformemente.

CENTRIFUGA

Dopo la tintura, i berretti vengono trasferiti nella centrifuga: la velocità di rotazione elimina l’acqua dal tessuto mantenendo l’umidità necessaria per le lavorazioni successive.

ASCIUGATURA IN FORME DI LEGNO

Affinché i berretti si asciughino e si restringano nella forma finale, vengono inserite al loro interno due forme di legno semicircolari della dimensione desiderata.

Contemporaneamente all’assemblaggio delle forme, l’artigiano realizza la piega interna dei berretti (dobladillo interior, collar” o “cuello”).

GARZATURA e CIMATURA

Una volta asciutti i cappelli, vengono smontate le forme di legno e si passa al processo di garzatura (“carda o perchado”).

Essendo stati nella gualchiera e nella centrifuga, i berretti sono un po’ “arruffati”; per questa ragione, bisogna spazzolare il piatto esterno (detto campo o vuelo externo) e la piega interna utilizzando dei cilindri mobili con aghi metallici, o setole naturali come i cardi, in modo da sollevare il pelo superficiale e rimuovere i peli in eccesso.

In seguito, si rifiniscono con una macchina con lame che pareggia il livello del pelo e lo rende uniforme.

RIFINITURA

In primo luogo, si stirano i cappelli impiegando vapore perché rende il tessuto più liscio e teso.

Dopodiché, in base al modello, si cuce la fodera, il marocchino (la cinta di pelle chiamata “badana”) e si aggiungono dettagli decorativi o personalizzazioni.

Usanze, tradizioni e superstizioni

Esaminando il processo produttivo del basco, ho inteso che le macchine moderne possono cucire e chiudere perfettamente la maglia di lana senza lasciare traccia della corona e della catenella.

La codina è un tratto distintivo che è rimasto da quando si confezionava a mano; la struttura del cappello sarebbe funzionale anche senza di essa, ma perderebbe la sua essenza, la sua identità.

Raramente un accessorio d’abbigliamento così semplice ha segnato e condizionato il comportamento sociale: in Spagna esistono una serie di usanze, tradizioni, superstizioni relazionate al basco ed alla sua codina.

Come regola generale non scritta, porta sfortuna se si rompe el rabito e bisogna comprare subito un cappello nuovo.

Tagliare la txertena del berretto ad una persona basca, lasciandolacapada, è un’offesa; basti solo pensare al tempo che la persona ha dedicato a indossare il cappello, a collocarlo, a sistemarlo a suo piacimento per poi vederlo “mutilato” per una beffa.

Capar una boina significa letteralmente “castrare” il basco, tagliare la codina del basco. È un gesto molesto, antipatico ed ha la finalità di infastidire qualcuno.

Può essere lo scherzo che viene fatto a chi indossa il basco per la prima volta o a chi è il primo a raggiunge un elevato stato di ubriachezza in un gruppo di amici, durante feste e sagre. In passato, i bambini si divertivano ad innervosire il malcapitato di turno prendendo il suo berretto dalla txertena e facendola girare finché non si rompesse.

Nel gergo militare, il verbo capar la boina ha significati distinti, che variano dall’unità e dal corpo militare. Indicativamente corrisponde alla pratica di rovinare il cappello ad una recluta, come tagliare la codina, tagliare e sfilacciare il laccio posteriore, o dare un colpo secco alla visiera del cappello in dotazione per romperla in due …

Questa ossessione per la codina è dovuta alla sua forma: un minuscolo simbolo fallico, dotato di poteri magici che la società gli ha dato. Come, ad esempio, il personaggio comico creato da Pedro Salinas, “El Gañán Enmascarado”, utilizzava questa appendice come elemento unificante dei suoi superpoteri.

La codina viene percepita come se fosse un parafulmine, un’antenna “per prendere il wi-fi”, un asse che collega l’uomo alle forze astrali, ma è semplicemente parte integrante della persona che la indossa.

Come la gente indossa il basco in base alla regione/paese

Proprio dal modo di indossare il basco (assieme al colore ed alle dimensioni del diametro) si possono identificare origini, carattere e gusto estetico di chi lo porta.

Una persona di Bilbao la si può riconoscere dal basco color nero indossato come se fosse un “tetto” (tejado), al modo di visiera, poco calato, sistemato piatto ed affilato davanti, arrotondato dietro.

Lo stile di San Sebastián è caratterizzato dal basco blu (il piatto leggermente più piccolo del modello di Bilbao), collocato arrotondato da un lato ed affilato dall’altro (destro principalmente).

Lo Stile Gallego e Stile Castellano sono simili, basco nero, diametro piccolo, arrotondato davanti e dietro, però il primo è più calato sulla fronte, mentre il secondo sulla nuca.

Infine, lo Stile Francese si riconosce perché il cappello è indossato calato, arrotondato davanti ed affilato dietro.

Queste variazioni di stile si riferiscono principalmente ad un utente maschio. Uomini e donne possono indossare lo stesso modello di basco ma lo posizionano in modo leggermente diverso.

Le donne, ad esempio, tendono a portarlo arrotondato nella parte anteriore, inclinato e affilato nella parte posteriore, inoltre, sono influenzate dal taglio di capelli o dall’acconciatura.

Gli uomini, in generale, preferiscono il colore nero o tonalità scure, le donne, invece, possiedono vari colori dello stesso modello per abbinarli a seconda dell’abbigliamento.

Le persone esperte nell’ indossare il basco riescono a metterlo con una mano sola, in un unico gesto, ma c’è un trucco dietro questa abilità.

Se portiamo il basco sempre nella stessa posizione, con il passare del tempo si adatta alle dimensioni della nostra testa ed alla forma che gli diamo. In sostanza, il basco prende “la nostra forma” e, di conseguenza, diventa più facile posarlo sul capo con un solo movimento (Stile Bilbao, per esempio).

Sempre con un solo gesto, diversi utenti trovano utile tirare la codina per rimuovere il berretto, o sollevare leggermente il cappello per non schiacciare la capigliatura, naturalmente facendo attenzione a non romperla!

Conclusioni

Il basco è un accessorio straordinario, mantiene al caldo testa, mente ed idee, permette di esprimere agli altri sia la propria individualità che provenienza ed, in aggiunta, ha sorprendenti poteri nascosti!

È un oggetto quotidiano ma con un’allure di mistero: ognuno si relaziona ad esso in modo unico, innato o appreso inconsapevolmente.

Per documentarmi maggiormente sull’argomento, ho chiesto spiegazioni a vari amici spagnoli. Ho riscontrato che molti hanno copiato comportamenti dai genitori, o dall’ambiente in cui vivono e li hanno assimilati giustamente come naturali.

È evidente che dietro al fatto di indossare il basco in un determinato modo, di capar el rabito, o di certe usanze relazionate con questo cappello, hanno alle spalle secoli di tradizione legata al territorio ed alla sua gente. Perciò è normale riscontrare comportamenti completamente opposti a seconda del luogo di provenienza.

Concludo citando un detto basco, “Txapela buruan eta ibili munduan”, che può essere tradotto come “Con la txapela/basco in testa, a camminare per il mondo”.

Può essere interpretato in due modi, uno negativo ed uno positivo, ma io preferisco quest’ultima versione: l’invito ad essere fedeli a sé stessi, alle proprie origini, a non preoccuparsi di ciò che dice la gente e a partire per viaggiare in giro per il mondo senza meta o senza preoccupazioni.

Continua con la lettura!

Come indossare il basco

Non esiste un modo giusto o sbagliato di indossare il basco: certamente materiale, forma ed ampiezza del modello influiscono su come portarlo. Vediamo alcuni esempi di come indossarlo.

Leggi tutto »

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *